martedì 29 aprile 2008

Quando nel 91 l'attuale voltagabbana Alemanno impedì di parlare ad Umberto Bossi


Il neosindaco di Roma Gianni Alemanno, che adesso va d'amore e d'accordo con la Lega, nel 1991 scese a Catania per impedire di parlare ad Umberto Bossi , il secessofederalista.

Godetevi gli articoli di allora.
Avete notato che ieri era il 28.04 (giorno della morte di Benito Mussolini) ? Nessuno ha notato questa casualità incredibile


FISCHI MISSINI PER BOSSI A CATANIA

CATANIA Una pioggia di volantini plana sul senatore Umberto Bossi mentre si infila nell' auto in via Etnea, il salotto di Catania. Sulla macchina rimbalzano monetine da cento lire, un gruppo di giovanotti in maglietta bianca urla Lega di merda, Bossi va' a Bergamo. Sono le sette di sera, e sotto il pacco di ciclostilati firmati dal Fronte della gioventù finisce la prima incursione politica del leader della Lega nord al di là dello Stretto. E' un' incursione politicamente segnata, a Siracusa, soprattutto dalla denuncia di un partito trasversale che non vuole le riforme istituzionali, chiede una legge elettorale di sbarramento e lavora perchè il presidente della Repubblica si dimetta. Un complotto, assicura Bossi, che fa capo ad Andreotti, e di cui fanno parte De Mita, La Malfa e il Pds: La prova ha sostenuto il leader della Lega l' abbiamo avuta quando siamo stati ricevuti prima di Natale dallo stesso Andreotti il quale ha affermato che prima bisognava eleggere il presidente della Repubblica e poi sciogliere le Camere. Ma le Camere ha rilevato bossi decadono un mese prima della fine del settennato di Cossiga, e quindi questa affermazione si può interpretare come un tentativo destabilizzante nei confronti del presidente della Repubblica. A Catania, invece, l' incontro pubblico in una saletta dell' Hotel Palace è abortito dopo le prime parole del segretario regionale della Lega Sud (l' organizzazione che fa capo alla Lega del senatur), Francesco Vidolo, geometra e commerciante, numero 1 a Catania e Siracusa. Il povero Vidolo ha appena terminato di esaltare l' incontro tra il Nord e il Sud che dalla quinta fila della saletta a malapena occupata si alza una vocina femminile: Fuori Bossi dalla Sicilia. E' l' inizio della bagarre: quella trentina di ragazzotti e signorine ben vestite che sembravano simpatizzanti leghisti si rivelano dei militanti del Fronte. Sono arrivati, molti da Roma, capitanati dal segretario dell' organizzazione giovanile missina Gianni Alemanno, che è lì in prima fila che si sbraccia come un ossesso. Per un' ora, sorvegliati senza molta convinzione da quattro poliziotti, imperversano vocalmente nella sala. Risultato: Bossi decide di non aprir bocca, mentre quelli del Fronte della gioventù impazzano con cori di tutti i tipi. Ce n' è di tutti i tipi, dal classico ma inconsueto sulla loro bocca: Razzista, razzista, all' autonomista viva l' indipendenza della Sicilia, al minaccioso Bossi razzista sei il primo della lista, al non ti vogliamo, Bossi non ti vogliamo, cantato a squarciagola sull' aria di Guantanamera, per terminare con il categorico te ne vai sì o no. Il tutto condito con un paio di striscioni del Fronte, con pacchi di volantini sparsi per la sala e da scene di sincero sgomento dei dirigenti della Lega che vedevano compromesso il loro grande momento. Cesare Crosta, ex magistrato della Corte dei conti, coordinatore della Lega centro-sud, grande amico di Bossi, ha quasi le lacrime agli occhi: Sono sempre loro, gli stessi che non ci lasciano parlare a Roma. Poi dallo sconforto Crosta passa alla rabbia, urla ai poliziotti di fare intervenire il questore, si butta a strappare lo striscione dalle mani di un' urlante ragazzina che potrebbe essere sua nipote. Alessandro Patelli, altissimo, gran capo della segreteria organizzativa di Bossi, cerca di calmare gli animi, ma inutilmente. Il coro continua sino a che Bossi si alza, e seguito dai suoi se ne va. La trentina di leghisti affranti rincorre il senatur che invece non è per niente preoccupato: Mi sembra di tornare indietro di otto anni, di ringiovanire. Anche allora, in Lombardia, non ci volevano lasciar parlare, e poi si è visto. I partiti si muovono quando sentono puzza di bruciato e quando pensano di perdere i voti. - dal nostro inviato GUIDO PASSALACQUA
la Repubblica, 14 giugno 1991, pagina 14

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